Fra i tanti amici e celebratori di Socrate dobbiamo scegliere gli stoici e il loro fondatore, Zenone, perché fu l’Apologia di Socrate a portare Zenone dalla Fenicia al portico dipinto, cioè alla Stoà, ovvero alla fondazione della stoicismo (stoà in greco significa “portico”).
Questo significa che fu l’esempio di Socrate (e, si noti, non di Platone con cui Zenone spesso scese in polemica) a ispirare Zenone nella fondazione della sua celebre Scuola.
In verità, gli stoici capirono di Socrate ciò che comprese Platone, ossia che era un “saggio” e non il solito sapiente. Lo capirono ancor meglio di Platone e infatti lo teorizzarono, ponendo il saggio al vertice della morale e la morale al vertice della filosofia. Non sarebbe dunque un’Idea a sovrastare l’etica, ma un uomo capace di tradurre nella prassi di vita i principi morali in cui crede per il fatto di volere quello che la Ragione vuole e rifiutare quello che la Ragione rifiuta.
Gli stoici, non diversamente da Socrate e da pochissimi altri filosofi, portarono questo ideale di coerenza fino al limite del sacrificio della vita e quindi, non diversamente dal nostro filosofo, vanno considerati martiri della Ragione.
In questo lo imitarono perfettamente.
Così, infatti, bisogna considerare gli stoici romani (per esempio Seneca, Trasea Peto, Lucano e molti altri), per lo più personaggi di area senatoria che in nome della libertas rappresentata dalla figura di Catone – il Socrate romano – avversavano gli imperatori Nerone e Domiziano. Tale opposizione non fu dettata principalmente da ragioni politiche, ma da motivi morali, giustificati dall’ideale stoico che soltanto il saggio (e quindi non i corrotti imperatori) poteva essere buon sovrano. In tal senso, il loro non fu un uso strumentale (mitologico) del nostro pensatore, ma un’adesione sincera al suo ideale e, oltre a ciò, uno sviluppo originale del suo pensiero.
Questo significa che fu l’esempio di Socrate (e, si noti, non di Platone con cui Zenone spesso scese in polemica) a ispirare Zenone nella fondazione della sua celebre Scuola.
In verità, gli stoici capirono di Socrate ciò che comprese Platone, ossia che era un “saggio” e non il solito sapiente. Lo capirono ancor meglio di Platone e infatti lo teorizzarono, ponendo il saggio al vertice della morale e la morale al vertice della filosofia. Non sarebbe dunque un’Idea a sovrastare l’etica, ma un uomo capace di tradurre nella prassi di vita i principi morali in cui crede per il fatto di volere quello che la Ragione vuole e rifiutare quello che la Ragione rifiuta.
Gli stoici, non diversamente da Socrate e da pochissimi altri filosofi, portarono questo ideale di coerenza fino al limite del sacrificio della vita e quindi, non diversamente dal nostro filosofo, vanno considerati martiri della Ragione.
In questo lo imitarono perfettamente.
Così, infatti, bisogna considerare gli stoici romani (per esempio Seneca, Trasea Peto, Lucano e molti altri), per lo più personaggi di area senatoria che in nome della libertas rappresentata dalla figura di Catone – il Socrate romano – avversavano gli imperatori Nerone e Domiziano. Tale opposizione non fu dettata principalmente da ragioni politiche, ma da motivi morali, giustificati dall’ideale stoico che soltanto il saggio (e quindi non i corrotti imperatori) poteva essere buon sovrano. In tal senso, il loro non fu un uso strumentale (mitologico) del nostro pensatore, ma un’adesione sincera al suo ideale e, oltre a ciò, uno sviluppo originale del suo pensiero.