Ci sono state le elezioni europee, con vincitori e vinti, ma - onestamente - alla fine sembra che sia cambiato tutto ma è cambiato molto poco.
Chi ha vinto?
Sicuramente Giorgia Meloni, che conferma la forza popolare delle elezioni politiche, consolida il consenso anche personale (siamo intorno ai 2 milioni di preferenze) e può legittimamente accogliere eventuali sguardi a destra di Ursula Von Der Leyen con un buon mazzo di carte in mano.
Sicuramente Marie Le Pen, che ha preso un numero tale di voti in Francia da indurre Macron a sciogliere le camere e indire nuove elezioni il 30 giugno, con i ballottaggi al 7 luglio. Qui vale una postilla: già ora la situazione parlamentare per Macron e il suo partito era difficile in aula, con una maggioranza risicata e la necessità di contrattare ogni legge da far passare. Buttare tutto all'aria per chiamare i francesi alla prova è una mossa azzardata ma non è detto che l'azzardo paghi, considerando il doppio turno delle elezioni francesi.
Macron non può ricandidarsi alla presidenza, va ricordato, che comunque continuerà fino a scadenza. E, onestamente, non si può essere democratici a giorni alterni: non c'era probabilmente altro da fare nella sua posizione dopo l'esito del voto.
Sicuramente Alternative fur Deutschland, che diventa il secondo partito in Germania e pone il governo in una condizione di crisi senza precedenti. Probabilmente servirà almeno un rimpasto per sbarazzarsi di Scholtz, non all'altezza del compito.
Sicuramente Alleanza Verdi Sinistra in Italia, perché ha superato la soglia trainata da candidature che si sono dimostrate vincenti in termini elettorali: la triade Salis, Lucano, Marino ha portato intorno alle 400.000 preferenze esplicite.
Chi ha perso?
In Italia il Movimento 5 Stelle, in Germania i social democratici, in Francia Macron.
Chi ha pareggiato?
Di fatto Salvini e la Lega, ma soprattutto Salvini. Non è così dietro Forza Italia nel numero di consensi e ha garantito comunque mezzo milione di voti espliciti con la scelta, mal digerita all'interno della Lega da molti, di Vannacci candidato di punta. Per detronizzarlo come molti si attendevano servirà altro.
Alla luce di questo spostamento a destra di molti voti in ambito europeo, cambierà qualcosa?
Probabilmente no, è la risposta per me più logica.
Primo, perché a destra si spostano in tanti, è vero, ma i paesi che portano più deputati a sedersi nella parte destra dell'emiciclo sono - a conti fatti - Francia, Italia e Germania.
Basta dare uno sguardo qui https://results.elections.europa.eu/en/ per vedere come i parlamentari eletti negli altri paesi siano sempre o sul lato sinistro dell'emiciclo, o avvicinandosi al centro del PPE e dei liberali di Renew Europe.
Si può obiettare che i tre paesi che si spostano a destra siano i tre con più parlamentari, tre paesi fondatori. Vero. Verissimo anzi. Ma in questo senso l'allargamento progressivo fatto negli anni fino ad arrivare a 27 paesi oggi si rivela un importante elemento di bilanciamento del sistema.
Secondo, perché in Germania perdono i socialisti, ma vince - oltre ad AfD, con cui però nessuno si vuole alleare, manco a destra - il Partito Popolare Europeo, che esprime l'attuale presidente della Commissione, Ursula, e che - rafforzato - può ora andare a battere cassa sia all'interno dei confini nazionali chiedendo al socialista Scholtz di appoggiare Ursula, sia al di fuori "imponendola" di fatto a Macron che non ne era più tanto convinto.
Terzo, perché i voti per rinnovare la maggioranza attuale ci sono, eccome: Socialisti, Popolari e Liberali messi insieme fanno al momento 404 voti, contro una maggioranza a 361. Vero che è sempre meglio avere un margine al Parlamento Europeo perché il voto è molto variabile e quindi è probabile che Von Der Leyen sarà costretta a cercare altri voti per navigare tranquilla.
Ma avrà la possibilità di cercarli sia a sinistra sia a destra e si tratterà di fare un conto della serva, in fin dei conti.
Chiedendo voti ad ECR, quindi anche a Giorgia Meloni, avrebbe accesso a una settantina di voti del gruppo (posto che magari non tutti sarebbero d'accordo nel sostenerla). Ma, per strada, perderebbe l'appoggio di un numero non facilmente quantificabile oggi sia di socialisti che di liberali. Potrebbe non essere conveniente.
Chiedendo voti ai verdi, che hanno una cinquantina di seggi, sarebbe costretta probabilmente a riprendere in mano con più decisione i temi ambientali e si inimicherebbe così pezzi del suo stesso partito, ma forse non così tanti voti come nel primo scenario. Anche perché i verdi europei hanno già detto di voler essere "responsabili" nelle trattative eventuali.
Come finirà al momento non si può dire ma è facile immaginare che Ursula sarà ancora presidente della Commissione, con un appoggio più convinto di prima della Francia, specialmente al Consiglio Europeo dove siede Macron e non siederà un eventuale premier di destra dopo le nuove elezioni.
Le deleghe ai diversi commissari diranno dove sono cadute le preferenze di sguardo per allargare la maggioranza.
Chi ha vinto?
Sicuramente Giorgia Meloni, che conferma la forza popolare delle elezioni politiche, consolida il consenso anche personale (siamo intorno ai 2 milioni di preferenze) e può legittimamente accogliere eventuali sguardi a destra di Ursula Von Der Leyen con un buon mazzo di carte in mano.
Sicuramente Marie Le Pen, che ha preso un numero tale di voti in Francia da indurre Macron a sciogliere le camere e indire nuove elezioni il 30 giugno, con i ballottaggi al 7 luglio. Qui vale una postilla: già ora la situazione parlamentare per Macron e il suo partito era difficile in aula, con una maggioranza risicata e la necessità di contrattare ogni legge da far passare. Buttare tutto all'aria per chiamare i francesi alla prova è una mossa azzardata ma non è detto che l'azzardo paghi, considerando il doppio turno delle elezioni francesi.
Macron non può ricandidarsi alla presidenza, va ricordato, che comunque continuerà fino a scadenza. E, onestamente, non si può essere democratici a giorni alterni: non c'era probabilmente altro da fare nella sua posizione dopo l'esito del voto.
Sicuramente Alternative fur Deutschland, che diventa il secondo partito in Germania e pone il governo in una condizione di crisi senza precedenti. Probabilmente servirà almeno un rimpasto per sbarazzarsi di Scholtz, non all'altezza del compito.
Sicuramente Alleanza Verdi Sinistra in Italia, perché ha superato la soglia trainata da candidature che si sono dimostrate vincenti in termini elettorali: la triade Salis, Lucano, Marino ha portato intorno alle 400.000 preferenze esplicite.
Chi ha perso?
In Italia il Movimento 5 Stelle, in Germania i social democratici, in Francia Macron.
Chi ha pareggiato?
Di fatto Salvini e la Lega, ma soprattutto Salvini. Non è così dietro Forza Italia nel numero di consensi e ha garantito comunque mezzo milione di voti espliciti con la scelta, mal digerita all'interno della Lega da molti, di Vannacci candidato di punta. Per detronizzarlo come molti si attendevano servirà altro.
Alla luce di questo spostamento a destra di molti voti in ambito europeo, cambierà qualcosa?
Probabilmente no, è la risposta per me più logica.
Primo, perché a destra si spostano in tanti, è vero, ma i paesi che portano più deputati a sedersi nella parte destra dell'emiciclo sono - a conti fatti - Francia, Italia e Germania.
Basta dare uno sguardo qui https://results.elections.europa.eu/en/ per vedere come i parlamentari eletti negli altri paesi siano sempre o sul lato sinistro dell'emiciclo, o avvicinandosi al centro del PPE e dei liberali di Renew Europe.
Si può obiettare che i tre paesi che si spostano a destra siano i tre con più parlamentari, tre paesi fondatori. Vero. Verissimo anzi. Ma in questo senso l'allargamento progressivo fatto negli anni fino ad arrivare a 27 paesi oggi si rivela un importante elemento di bilanciamento del sistema.
Secondo, perché in Germania perdono i socialisti, ma vince - oltre ad AfD, con cui però nessuno si vuole alleare, manco a destra - il Partito Popolare Europeo, che esprime l'attuale presidente della Commissione, Ursula, e che - rafforzato - può ora andare a battere cassa sia all'interno dei confini nazionali chiedendo al socialista Scholtz di appoggiare Ursula, sia al di fuori "imponendola" di fatto a Macron che non ne era più tanto convinto.
Terzo, perché i voti per rinnovare la maggioranza attuale ci sono, eccome: Socialisti, Popolari e Liberali messi insieme fanno al momento 404 voti, contro una maggioranza a 361. Vero che è sempre meglio avere un margine al Parlamento Europeo perché il voto è molto variabile e quindi è probabile che Von Der Leyen sarà costretta a cercare altri voti per navigare tranquilla.
Ma avrà la possibilità di cercarli sia a sinistra sia a destra e si tratterà di fare un conto della serva, in fin dei conti.
Chiedendo voti ad ECR, quindi anche a Giorgia Meloni, avrebbe accesso a una settantina di voti del gruppo (posto che magari non tutti sarebbero d'accordo nel sostenerla). Ma, per strada, perderebbe l'appoggio di un numero non facilmente quantificabile oggi sia di socialisti che di liberali. Potrebbe non essere conveniente.
Chiedendo voti ai verdi, che hanno una cinquantina di seggi, sarebbe costretta probabilmente a riprendere in mano con più decisione i temi ambientali e si inimicherebbe così pezzi del suo stesso partito, ma forse non così tanti voti come nel primo scenario. Anche perché i verdi europei hanno già detto di voler essere "responsabili" nelle trattative eventuali.
Come finirà al momento non si può dire ma è facile immaginare che Ursula sarà ancora presidente della Commissione, con un appoggio più convinto di prima della Francia, specialmente al Consiglio Europeo dove siede Macron e non siederà un eventuale premier di destra dopo le nuove elezioni.
Le deleghe ai diversi commissari diranno dove sono cadute le preferenze di sguardo per allargare la maggioranza.