Provando a fare un punto della situazione a un paio di settimane dalle elezioni europee, ci sono alcuni punti che vengono fuori, e che provo a riepilogare di seguito.
1. La nuova Europa si gioca su più piani
C'è un piano nazionale, per ciascuno dei 27 stati membri, in cui i partiti decidono che posizioni avere rispetto ai temi dell'Unione, e chi candidare alle elezioni nelle proprie liste.
Ogni paese fa alla sua maniera, ogni paese ha un sistema di voto proprio, e quindi la scelta dei candidati segue logiche molto diverse da una nazione all'altra.
L'Italia utilizza le elezioni europee in un modo ormai consolidato negli anni: "mandare qualcuno in Europa" viene proposto dai partiti e visto dalle persone come qualcosa di non così vicino alla vita delle persone, negli effetti che ha, non tanto quanto essere eletti in consiglio comunale, regionale o al parlamento italiano.
In realtà è l'esatto opposto, perché le decisioni che contano si prendono dove ci sono i soldi, ovvero in Europa, ma tant'è.
Questo significa che spesso le liste dei partiti italiani sono infarcite di candidati "bandiera", che rappresentano più posizioni ideologiche che reali competenze, e di candidati che non hanno avuto successo altrove.
C'è poi un piano europeo, comune a tutti, che però si articola in tre organismi distinti, e che hanno una competenza e un peso diversi:
1. Il parlamento europeo: l'assemblea che propone leggi ed è chiamata ad approvare quelle proposte dagli altri organi. Qui si cercano e si raggiungono maggioranze esattamente come in qualunque altro parlamento.
2. La commissione europea: l'organo di governo dell'Unione, che attua le politiche europee, con la sua presidenza e i commissari che hanno le varie deleghe come i ministri di un qualunque governo nazionale. C'è un commissario per ogni stato membro dell'Unione, ognuno con la propria delega. Come è ovvio, le deleghe non contano tutte nello stesso modo: quelle economiche pesano di più delle altre, tanto per dire un'ovvietà.
3. Il consiglio europeo: formato dai capi di stato e dai primi ministri (a seconda del paese) dei 27 stati europei, è l'organo che decide l'indirizzo delle politiche europee. E' in Consiglio che si decide se sanzionare la Russia per l'invasione dell'Ucraina, per dirne una, e le decisioni sui temi delicati come la politica estera - al momento - vanno prese all'unanimità. Quindi tutti devono essere d'accordo: in 27 è molto complicato, come è ovvio.
Ora.
Il Consiglio Europeo non si rinnova con queste elezioni.
Certo, contemporaneamente alle europee ci saranno elezioni politiche in Belgio e in Bulgaria, due stati membri, e quindi non sappiamo oggi chi si siederà in Consiglio Europeo per i due paesi, ma la totalità dei rappresentanti del consiglio di oggi è la stessa che si riunirà dopo 2 settimane dal voto europeo.
Si rinnoveranno invece di certo il parlamento, con uno spostamento della composizione verso destra, e anche la Commissione Europea, che avrà nuovi commissari e (non è detto) un nuovo presidente.
Questo cosa vuol dire: che le trattative per le posizioni che contano (Presidente della Commissione Europea, Presidente del Parlamento Europeo, Presidente del Consiglio Europeo) sono serrate, già da mesi, e continueranno anche dopo il voto tra due settimane.
Dovendole mettere in ordine di importanza crescente:
1. il presidente del Parlamento Europeo dirige e determina i lavori dell'aula
2. il presidente della Commissione Europea gestisce la politica dell'Unione
3. il presidente del Consiglio Europeo cerca di mettere d'accordo 27 capi di stato per arrivare a una sintesi comune
Ovvio che la presidenza del Consiglio Europeo richieda doti di mediazione non indifferenti, quella della Commissione una capacità di guida e visione non comuni.
2. La nuova Europa non può essere identica a quella vecchia
Il mondo è cambiato: dalle precedenti elezioni europee c'è stato il Covid e c'è stata l'invasione russa in Ucraina, per tacere di Israele.
L'Europa si è scoperta vulnerabile, sia in termini economici nel proprio complesso, sia in termini difensivi.
Questo significa che la prossima Commissione Europea avrà commissari (ministri) con deleghe diverse e riorganizzate, e con deleghe prima sostanzialmente "tranquille" che avranno invece d'ora in avanti un peso molto più forte: basti pensare alla delega per l'allargamento dell'UE a nuovi paesi, oggi nelle mani dell'Ungheria, e che probabilmente nessuno vorrà lasciare all'Ungheria nella prossima legislatura.
Lo stesso discorso vale per i temi della difesa europea, prima di fatto inesistenti e oggi invece dominanti.
Ci saranno dunque trattative molto serrate su chi dovrà fare cosa, e ogni stato come è logico che sia proverà a spuntare il meglio per sé.
Inutile dire che siano le deleghe economiche quelle più ambite per importanza e impatto che possono avere poi in patria, ma anche difesa, allargamento, ambiente sono deleghe che contano.
Qui https://www.politico.eu/article/frontrunners-next-european-commission-eu-election-2024/ c'è un bel riassunto di quali commissari ogni stato proverà a proporre in sede di trattative europee.
Ovviamente le proposte dovranno essere accettate da tutti gli altri e si farà un bilanciamento tra richieste, peso della nazione nel contesto attuale, etc.
Le candidature italiane non sono di alto livello, va detto chiaro e tondo.
3. L'Italia conta quanto il 2 di spade quando la briscola è bastoni
Metafora semplice, ma rende l'idea.
L'Italia al momento è rappresentata ad alto livello dal commissario europeo all'economia Gentiloni, che ha in mano una delega pesante.
Le mosse politiche di Giorgia Meloni, che è anche presidente del partito europeo di destra ECR, l'hanno portata mesi fa ad avvicinarsi a Ursula Von Der Leyen, presidente in carica della Commissione Europea e candidata a un nuovo mandato, per farle capire che se - una volta confermata nel ruolo - volesse dare uno sguardo a destra per avere la maggioranza in parlamento, ci sarebbe questa disponibilità.
Per questo la Von Der Leyen si è vista in Romagna dopo l'alluvione, è stata in Tunisia con la Meloni, etc.
Nelle ultime settimane, vista la popolarità in calo tra gli altri leader europei della Von Der Leyen (pure dentro il suo stesso partito) e la campagna elettorale, la Meloni si è un po' distanziata, quasi cercando di far dimenticare il supporto dato in precedenza.
Non è detto che la Von Der Leyen sia riconfermata nel suo ruolo, ma il tentativo della Meloni è stato chiaro: provare ad essere la "kingmaker" della prossima commissione, una volta ammorbidendo l'amico Orban, una volta parlando con Macron, etc.
Al netto di quel che si dice, l'Italia non conta assolutamente nulla, e quello che otterrà dopo il voto - benché sia un paese fondatore e il terzo in termini di numero di deputati eletti a Strasburgo - sarà di risulta rispetto alle richieste altrui.
Nell'Europa di 5 anni fa, l'Italia aveva un peso.
Oggi ne ha un altro, onestamente minore rispetto a paesi come - ad esempio - la Polonia e i paesi baltici, oltre che ovviamente a Francia e Germania.
Non è un caso che in questi ultimi mesi si intensifichino i colloqui a tre tra Francia, Germania e Polonia per parlare di questioni europee: è da questi tre che usciranno, con ogni probabilità, i ruoli chiave e davvero pesanti della prossima Europa.
E se anche dovesse spuntarla Macron, che non vede di buon occhio un secondo mandato Von Der Leyen e sarebbe molto contento di mettere Draghi alla presidenza della Commissione Europea, di certo non sarà stata - come si proverà a farla passare - una vittoria dell'Italia, ma della Francia.
1. La nuova Europa si gioca su più piani
C'è un piano nazionale, per ciascuno dei 27 stati membri, in cui i partiti decidono che posizioni avere rispetto ai temi dell'Unione, e chi candidare alle elezioni nelle proprie liste.
Ogni paese fa alla sua maniera, ogni paese ha un sistema di voto proprio, e quindi la scelta dei candidati segue logiche molto diverse da una nazione all'altra.
L'Italia utilizza le elezioni europee in un modo ormai consolidato negli anni: "mandare qualcuno in Europa" viene proposto dai partiti e visto dalle persone come qualcosa di non così vicino alla vita delle persone, negli effetti che ha, non tanto quanto essere eletti in consiglio comunale, regionale o al parlamento italiano.
In realtà è l'esatto opposto, perché le decisioni che contano si prendono dove ci sono i soldi, ovvero in Europa, ma tant'è.
Questo significa che spesso le liste dei partiti italiani sono infarcite di candidati "bandiera", che rappresentano più posizioni ideologiche che reali competenze, e di candidati che non hanno avuto successo altrove.
C'è poi un piano europeo, comune a tutti, che però si articola in tre organismi distinti, e che hanno una competenza e un peso diversi:
1. Il parlamento europeo: l'assemblea che propone leggi ed è chiamata ad approvare quelle proposte dagli altri organi. Qui si cercano e si raggiungono maggioranze esattamente come in qualunque altro parlamento.
2. La commissione europea: l'organo di governo dell'Unione, che attua le politiche europee, con la sua presidenza e i commissari che hanno le varie deleghe come i ministri di un qualunque governo nazionale. C'è un commissario per ogni stato membro dell'Unione, ognuno con la propria delega. Come è ovvio, le deleghe non contano tutte nello stesso modo: quelle economiche pesano di più delle altre, tanto per dire un'ovvietà.
3. Il consiglio europeo: formato dai capi di stato e dai primi ministri (a seconda del paese) dei 27 stati europei, è l'organo che decide l'indirizzo delle politiche europee. E' in Consiglio che si decide se sanzionare la Russia per l'invasione dell'Ucraina, per dirne una, e le decisioni sui temi delicati come la politica estera - al momento - vanno prese all'unanimità. Quindi tutti devono essere d'accordo: in 27 è molto complicato, come è ovvio.
Ora.
Il Consiglio Europeo non si rinnova con queste elezioni.
Certo, contemporaneamente alle europee ci saranno elezioni politiche in Belgio e in Bulgaria, due stati membri, e quindi non sappiamo oggi chi si siederà in Consiglio Europeo per i due paesi, ma la totalità dei rappresentanti del consiglio di oggi è la stessa che si riunirà dopo 2 settimane dal voto europeo.
Si rinnoveranno invece di certo il parlamento, con uno spostamento della composizione verso destra, e anche la Commissione Europea, che avrà nuovi commissari e (non è detto) un nuovo presidente.
Questo cosa vuol dire: che le trattative per le posizioni che contano (Presidente della Commissione Europea, Presidente del Parlamento Europeo, Presidente del Consiglio Europeo) sono serrate, già da mesi, e continueranno anche dopo il voto tra due settimane.
Dovendole mettere in ordine di importanza crescente:
1. il presidente del Parlamento Europeo dirige e determina i lavori dell'aula
2. il presidente della Commissione Europea gestisce la politica dell'Unione
3. il presidente del Consiglio Europeo cerca di mettere d'accordo 27 capi di stato per arrivare a una sintesi comune
Ovvio che la presidenza del Consiglio Europeo richieda doti di mediazione non indifferenti, quella della Commissione una capacità di guida e visione non comuni.
2. La nuova Europa non può essere identica a quella vecchia
Il mondo è cambiato: dalle precedenti elezioni europee c'è stato il Covid e c'è stata l'invasione russa in Ucraina, per tacere di Israele.
L'Europa si è scoperta vulnerabile, sia in termini economici nel proprio complesso, sia in termini difensivi.
Questo significa che la prossima Commissione Europea avrà commissari (ministri) con deleghe diverse e riorganizzate, e con deleghe prima sostanzialmente "tranquille" che avranno invece d'ora in avanti un peso molto più forte: basti pensare alla delega per l'allargamento dell'UE a nuovi paesi, oggi nelle mani dell'Ungheria, e che probabilmente nessuno vorrà lasciare all'Ungheria nella prossima legislatura.
Lo stesso discorso vale per i temi della difesa europea, prima di fatto inesistenti e oggi invece dominanti.
Ci saranno dunque trattative molto serrate su chi dovrà fare cosa, e ogni stato come è logico che sia proverà a spuntare il meglio per sé.
Inutile dire che siano le deleghe economiche quelle più ambite per importanza e impatto che possono avere poi in patria, ma anche difesa, allargamento, ambiente sono deleghe che contano.
Qui https://www.politico.eu/article/frontrunners-next-european-commission-eu-election-2024/ c'è un bel riassunto di quali commissari ogni stato proverà a proporre in sede di trattative europee.
Ovviamente le proposte dovranno essere accettate da tutti gli altri e si farà un bilanciamento tra richieste, peso della nazione nel contesto attuale, etc.
Le candidature italiane non sono di alto livello, va detto chiaro e tondo.
3. L'Italia conta quanto il 2 di spade quando la briscola è bastoni
Metafora semplice, ma rende l'idea.
L'Italia al momento è rappresentata ad alto livello dal commissario europeo all'economia Gentiloni, che ha in mano una delega pesante.
Le mosse politiche di Giorgia Meloni, che è anche presidente del partito europeo di destra ECR, l'hanno portata mesi fa ad avvicinarsi a Ursula Von Der Leyen, presidente in carica della Commissione Europea e candidata a un nuovo mandato, per farle capire che se - una volta confermata nel ruolo - volesse dare uno sguardo a destra per avere la maggioranza in parlamento, ci sarebbe questa disponibilità.
Per questo la Von Der Leyen si è vista in Romagna dopo l'alluvione, è stata in Tunisia con la Meloni, etc.
Nelle ultime settimane, vista la popolarità in calo tra gli altri leader europei della Von Der Leyen (pure dentro il suo stesso partito) e la campagna elettorale, la Meloni si è un po' distanziata, quasi cercando di far dimenticare il supporto dato in precedenza.
Non è detto che la Von Der Leyen sia riconfermata nel suo ruolo, ma il tentativo della Meloni è stato chiaro: provare ad essere la "kingmaker" della prossima commissione, una volta ammorbidendo l'amico Orban, una volta parlando con Macron, etc.
Al netto di quel che si dice, l'Italia non conta assolutamente nulla, e quello che otterrà dopo il voto - benché sia un paese fondatore e il terzo in termini di numero di deputati eletti a Strasburgo - sarà di risulta rispetto alle richieste altrui.
Nell'Europa di 5 anni fa, l'Italia aveva un peso.
Oggi ne ha un altro, onestamente minore rispetto a paesi come - ad esempio - la Polonia e i paesi baltici, oltre che ovviamente a Francia e Germania.
Non è un caso che in questi ultimi mesi si intensifichino i colloqui a tre tra Francia, Germania e Polonia per parlare di questioni europee: è da questi tre che usciranno, con ogni probabilità, i ruoli chiave e davvero pesanti della prossima Europa.
E se anche dovesse spuntarla Macron, che non vede di buon occhio un secondo mandato Von Der Leyen e sarebbe molto contento di mettere Draghi alla presidenza della Commissione Europea, di certo non sarà stata - come si proverà a farla passare - una vittoria dell'Italia, ma della Francia.